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  English Version

'A GLÙARIA

 

(Per lo studio e la divulgazione della cultura andreolese)

 

Durante il periodo di Quaresima, la brava gente di Sant’Andrea osservava con devozione le leggi della Chiesa. In quei tempi grami, quando le risorse erano più che modeste, obbedivano ai mandati della loro religione con tenace fervore. I più vecchi (l’antichi) segnavano l’inizio della Quaresima intonando l’antico adagio tramandato da generazioni:

Corajìsima, Corajìsima 
cùaddhu stùartu 'on dassasti càvulu all'ùartu,
'on dassasti erva ari timpuni,
 Corajìsima pizzicuni’.

 Digiuno e astinenza dalla carne erano all’ordine del giorno. Era consuetudine dell’epoca appendere un pupazzo alla finestra con quaranta penne sul corpo. Ogni giorno veniva strappata una penna che simboleggiava un giorno in meno di penitenza. L’ultimo di questi fantocci, che io ricordo, era appeso alla finestra di Nicola Maria Voci; dopo di che pare che questa abitudine sia stata relegata al dimenticatoio. La chiesa in quel periodo appariva desolata e avvolta nel dolore, con le statue ricoperte di viola e le campane silenziose in segno di lutto; si sentiva soltanto il greve suono del tirritì e la tocca durante le cerimonie religiose. Il Sepolcro, allestito al centro della navata principale, era a testimonianza dell’angoscia spirituale dei fedeli. Era usanza seminare del grano in vasi di terracotta e farlo crescere nel buio più assoluto, per evitare la fotosintesi. Gli steli crescevano bianchi per l’assenza della clorofilla e i vasi erano poi collocati attorno al Sepolcro. La mancanza di clorofilla simboleggiava la morte? Non lo so, so solo che si faceva così.

In questo periodo di lutto, vi era però un impulso di attività per preparare la chiesa agli eventi che sarebbero seguiti. Nicola Voci ('u paraturi) iniziava i lavori costruendo impalcature sulla volta della navata. Su questi allestimenti addobbava drappeggi elaborati che cadevano a cascata e davano un drammatico senso di luminosità tutto attorno. Nicola era aiutato in questi preparativi da alcuni dei suoi figli. Camminavano sui più alti cornicioni del soffitto, attaccando drappeggi in colori alternati e creando un' effetto di drammatica bellezza. Sicuramente le statue dei Santi e delle Madonne approvavano le creazioni di Nicola: in tutti gli anni che si e’ arrampicato su quelle travi l' hanno protetto da cadute che potevano essere fatali.

Mentre Nicola procedeva con i sui lavori, membri della Congrega del Rosario erano indaffarati a costruire un’attrezzatura che avrebbe fatto sorgere dal Sepolcro la statua del Cristo il giorno di Pasqua. Questo meccanismo consisteva di una piattaforma e un’asta verticale con il quale la statua, saldamente fissata, sarebbe andata su e giù. Un’altra piattaforma, costruita a un livello più alto, sosteneva un grosso macigno, legato con funi robuste. Lasciando cadere il sasso, il Cristo sarebbe risorto fuoriuscendo in modo drammatico ed esplosivo dalla tomba allestita sull’altare maggiore. Ogni piccolo dettaglio era scrupolosamente studiato per garantire una Resurrezione perfetta.

Le celebrazioni pasquali iniziavano sabato prima dell’alba. La prima fase era accendere il fuoco sacro con le scintille create sfregando due pietre. Il compito era assegnato a un membro della famiglia Colinu, 'Cola 'e Colinu o Cìanzu 'e Colinu. Mi sembra di ricordare che Cìanzu era più portato di 'Cola alle faccende di chiesa. Per l’occasione la gente si recava in chiesa con rami e altri pezzi di legno e portava a casa le ceneri a funzione ultimata. La Messa Solenne iniziava poco dopo con la benedizione dell’acqua che sarebbe stata poi usata durante l’anno per i battesimi e nelle acquasantiere poste convenientemente all’entrata della chiesa in modo che i fedeli potessero farsi il segno della croce. Sebbene solo tre preti partecipassero attivamente alla celebrazione della Santa Messa, tutti i preti, vestiti di bianco, erano presenti. Posso descrivervi gli eventi che si succedevano durante la messa ma non necessariamente nell’ordine giusto. A un certo punto i preti presenti si prostravano davanti all’altare come quando sono ordinati dal Vescovo. Il significato di questo rito mi sfugge: forse qualcuno e’ in grado di riempire questa lacuna. Sul pulpito principale della chiesa, dal quale il panegirico era solitamente predicato, Don Bruno Voci, il fratello di Nicola Maria Voci, la cui voce aveva timbri da opera, intonava l’Ordine del nuovo anno religioso, cantava 'i calìandi.

Un immacolato agnello bianco era portato da una donna in una cesta ('a sporta) e depositato al lato dell’Altare Maggiore. Era l’Agnello Pasquale offerto a Dio da Vincenzo Varano 'u guccìari. Non so cosa accadesse all’agnello a termine delle festività. Ricordo che i bambini erano attratti dall’agnello e lo accarezzavano con entusiasmo. Nella loro innocenza (anch’io, da piccolo, ci credevo) erano convinti che stavano toccando l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Un' altro evento era il lavaggio dei piedi degli Apostoli. Dodici uomini erano scelti per questo rito. Nel 1945, membri che avevano partecipato alla rappresentazione teatrale della Pigghiata, erano stati selezionati per questa cerimonia. Io, come San Giovanni nella Pigghiata, ero tra quelli scelti, un onore del quale sono tuttora fiero. L’ Arciprete lavava i piedi e ci regalava una focaccia (cucceddhata), che simboleggiava il dono di vita eterna.

A questo punto gli eventi si succedevano in un crescendo. Trepidazione impregnava l’aria in attesa di quello che sarebbe avvenuto. Un Angelo di Dio, nascosto tra i drappeggi che Nicola Maria aveva sapientemente sistemato, appariva lentamente come se discendesse dall’alto. Mentre la Messa continuava, l’Angelo si avvicinava alla Tomba e vi si fermava accanto. Eccitazione e trepidazione erano presenti in tutti quanti. La Messa in se stessa diventava quasi marginale, poiché tutti gli sguardi erano rivolti all’Angelo. Tutti i presenti, e la chiesa era davvero stracolma, sapevano cosa aspettarsi!!! A intervalli regolari l’Angelo bussava alla Tomba, quasi per dire: ‘Alzati! E’ giunto il momento di esaudire la profezia. Quando l’Arciprete intonava: “GLORIA IN EXCELSIS DEO”, l’Angelo bussava per la terza volta. Dietro all’Altare, il macigno era lasciato cadere e il Cristo ‘esplodeva’ dalla Tomba annunciando al mondo la Sua Resurrezione dalla morte. 'A Glùaria si era compiuta con successo!!! In quel momento della cerimonia, Vito Varano, Antonio Varano e Andrea 'e Minghi suonavano i loro tamburi mentre 'Ndrìa 'e 'Nchiànimi picchiava alla sua grancascia (grancassa ). Per non essere da meno, Pietro 'u Pùlici, Pana Pìarzu e 'Cola 'e Tornàu suonavano le loro zampogne accompagnati da un tale (non ricordo il nome) che suonava 'a pipìtula. Allo stesso tempo, Francìscu 'u Sagrestanu suonava le campane, mentre i bambini correvano verso gli altari situati nell’abside per suonare i campanelli, che erano attaccati ai lati di ogni altare. Il silenzio e la tristezza della quaresima erano ormai un ricordo, l’euforia era visibile in tutti. I festeggiamenti iniziavano a pieno ritmo, era ora di andare a casa e celebrare con frìttuli e ova.

Il giorno dopo sarebbe stato un nuovo giorno, il giorno durante il quale Maria riceve notizia che il Figlio e’ risorto. A questo punto partiva alla Sua ricerca attraverso gli stretti vicoli di ciottoli del paese mentre Angeli con stendardi Le indicavano dove poteva essere. Finalmente, nelle vicinanze di Palazzo Iannone, Lo intravedeva vicino alla vecchia farmacia di Andrea Sama’ e Madre e Figlio si correvano incontro abbracciandosi commossi in quella emozionante processione conosciuta come ‘a Cumprunta. Mi e’ stato detto che ‘a Cumprunta e’ ancora oggi parte della cultura andreolese ed e’ rappresentata tutti gli anni. Immagino che sia spettacolare ma ... e’ la stessa cosa? Le memorie della mia infanzia non mi permettono di fare paragoni, forse perché mitizzate dalla nostalgia. Può qualcuno veramente rimpiazzare Vito Varano seguito dagli Angialìaddhi con stendardi? Ne dubito, perché aveva un autentico e impareggiabile riflesso di originalita’. A tutta la meravigliosa gente di Sant’Andrea, ai loro discendenti chiunque essi siano, spero di non avervi annoiato. Se l’ho fatto, vi prego di scusarmi. Ad Anna, la mia fedele collaboratrice: sei il vento nelle mie ali! Questi articoli non sarebbero stati possibili senza il tuo aiuto e il tuo continuo incoraggiamento. A Francesco Romeo e Alfredo Varano, i muscoli d’acciaio dietro al Sito degli Andreolesi e Elpis, esprimo la mia più sincera gratitudine e stima. Che Dio benedica voi e tutti gli Andreolesi.

Angelo Iorfida  Canton, Ohio USA Marzo 2002
(Traduzione di Anna Mongiardo Goodman)

 

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