Deriva dal latino Lupus
Hominarius, lupo simile all'uomo o Lupus Manarius , persona che cammina sulle mani.
La credenza popolare sull'esistenza del lupo mannaro è atavica e si perde nella notte dei tempi. Già la Bibbia narra del re Nabucodonosor che, per la sua vanità, fu trasformato in lupo e assunse comportamento ferino. Ma anche la mitologia Greca riferisce di Licaone, re dell'Arcadia, trasformato in lupo da Giove e, tra gli antichi Romani, Ovidio, nelle sue "Metamorfosi", descrive la trasformazione dell'uomo nelle sembianze di un lupo.
Anche tra gli Indiani d'America e in Europa si è sempre narrato di uomini che diventavano lupi e che il processo di trasformazione avvenisse durante le notti di luna piena. E ancora, si credeva che diventasse
lupuminàriu chiunque fosse stato concepito il 25 marzo, notte dell'Annunciazione di Maria e nato alla mezzanotte del 25 dicembre, giorno di natale. Era anche opinione comune che se un lupo mannaro veniva colpito, conservava visibilmente la ferita una volta ritornato uomo.
Le radici, insomma, sono tante e variano da una zona all'altra e tutte considerano il lupo come l'animale più feroce e geniale che aggredisce e divora, tanto che, il bellissimo e intelligente
canide, è riportato in diverse fiabe come la fiera cattiva e la religione cattolica lo ha spesso identificato con l'immagine del maligno.
Ai giorni nostri, fortunatamente, il mito abominevole del
lupuminàriu rimane solo nelle pellicole cinematografiche.
Prima di proseguire bisogna però fare una piccola considerazione poiché, spesso, si assimila il lupo mannaro con la licantropia e con l'uomo - lupo.
Il lupo mannaro è un uomo che nelle notti di luna piena assume fisicamente le sembianze di animale che ringhia, ulula e sferra la sua ferocia in delitti orrendi e sanguinosi per soddisfare le proprie esigenze bestiali; vaga solo di notte e non è in grado di salire i gradini di una scala perché cammina pancia in su e può raramente essere guarito. Secondo le dicerie possono diventare
lupuminàriu quelli nati nei giorni precedentemente indicati oppure per una maledizione, per discendenza, per aver indossato un abito magico e chi più ne ha più ne metta.
La licantropia è invece cosa ben diversa. E' scienza. Secondo alcuni studiosi è da considerare licantropo colui che è affetto da manifestazioni di natura isterica che si sente spinto a tramutarsi in lupo o posseduto dallo spirito dell'animale ed è indotto ad aggredire o azzannare i suoi simili, ringhiando e ululando. Si tratta, quindi, di pura follia, non di mito, e l'uomo resta uomo.
L'uomo - lupo è diverso e lontano sia dal campo del mito che da quello della medicina. Qui siamo nel campo della cronaca, del bambino allevato dal branco di lupi dai quali ha assunto i comportamenti: si esprime con i loro versi, ha le mani rattrappite, non ha stazione eretta, ha sguardo ferino, ulula ecc. ma sicuramente non si trasforma.
Nei secoli bui della Santa Inquisizione molte persone furono processate e bruciate come eretiche con l'accusa di essere lupi mannari. Un famoso lupo mannaro fu Gilles
Garnier, bruciato vivo a Dole, in Francia, nel 1573, perché accusato di aver ucciso e divorato alcuni bambini che si erano allontanati da casa.
Peter Stupper, tedesco, che si gloriava di trasformarsi in lupo mannaro grazie ad una cintura magica ricevuta dal diavolo, fu decapitato e arso al fuoco, nel 1589, dopo essere stato riconosciuto colpevole di aver ucciso e divorato diversi bambini e donne incinte.
Anche S.Andrea ha avuto i suoi lupuminàri e le sue fantasiose storie, ma al rogo non finì mai nessuno, deo
gratias.
Spesso e volentieri le persone venivano additate come
lupuminàriu per invidia, perché bevevano molto e di notte mandavano urli spaventevoli, per vendicarsi di offese ricevute ecc. altri, si prestavano al gioco per meglio circolare di notte e avere via libera per compiere piccole razzie o per andare a trovare
'a cummara quando non c'era il marito. Comunque, 'u lupuminàriu era sempre e solo uomo. In questo caso, chi sa perché, la donna veniva risparmiata mentre in molte altre occasioni era la pietra dello scandalo ed era messa sempre a tacere.
La trasformazione avveniva di solito a mezzanotte, durante la fase di plenilunio, quando la magnifica sfera rivolge tutta la sua luminosità verso la terra e ingigantisce le forme notturne con la sua meravigliosa trasparenza d'azzurro perlato che dalle nostre parti, dentro gli antichi rioni ormai desolati, attenuava i geli invernali e faceva sognare eventi migliori agli uomini piegati e invecchiati anzitempo dalle fatiche.
In paese non si sogna più, i rioni dormono un sonno mortale, l'antica
ruga è ferita, mutilata: ha perso i suoi colori e i suoi odori, le case chiuse somigliano a vedove rassegnate, a madri disperate che attendono invano il ritorno dei loro cari; le nonne non siedono più sui gradini delle scale ad attendere i nipoti. Non ci sono più bambini.
'U lupuminàriu si trasformava in mostro notturno e iniziava il suo
peregrinare intorno all'abitato per proseguire e attendere le sue prede negli incroci delle strade buie e più frequentate. Le unghie delle mani e dei piedi si allungavano e si incurvavano come potenti artigli, simboli di ferocia spietata, e il corpo si ricopriva di lunghi peli irti che fuoriuscivano dalle maniche dei miseri abiti e dalle brache
de' carzi. Si ingrossava anche il torace e tutto il fisico, nel suo complesso, diveniva più scabroso e possente. Gli occhi diventavano rosso acceso e i denti canini mostravano la loro potenza di strappo e di penetrazione nella carne che diventava ancor più lacerante quando la rabbia del suo
ringhio mostrava la bava serica e viscosa che minacciosa colava dalla canuta fauce.
Vagava pancia all'aria e a lunghi trotti, poggiandosi sulle mani ferine, percorrendo ogni anfratto e ululando e ringhiando come fiera.
Per chi lo incontrava l'unica via di salvezza era quella di salire una lunga scala poiché la bestia, nella sua strana posizione, non aveva capacità di intraprendere i gradini. Per farlo tornare uomo bisognava ferirlo, non gravemente, ma in modo da fargli perdere un po' di sangue, quel sangue che si pensava infettasse l'essere della sua doppia natura; ma
'u lupuminàriu non si lasciava sorprendere, era difficile poterlo ferire poiché la ferita gli sarebbe rimasta visibile anche dopo essere ritornato uomo e questa sarebbe stata l'unica prova che consentiva di riconoscere la sua vera identità.
In paese si è sempre sentito parlare dell'esistenza di diversi
lupuminàri e uno di questi era Antonio: "stasera non uscire di casa perché
'Ntùani 'e Palìaddhu nèscia 'e lupuminàriu e ti mangia!"
Logicamente noi non ci crediamo. Antonio era si un personaggio strano, ma il suo comportamento era dovuto al suo carattere singolare e stravagante; come tanti uomini del suo tempo abusava del buon vino di
Tralò e quando esagerava non prendeva sonno e gli effetti dell'alcol sfociavano in qualche grido esagerato che manifestava la sua esistenza di uomo solo, bisognoso di affetti.
Pare che la nomea di lupuminàriu fosse scaturita dalla bocca di una focosa signora che, ad una sua proposta per un incontro intimo, Antonio abbia rifiutato per risparmiarsi la somma di denaro richiesta. La
malalingua gliela mise tutta e il passo per farlo credere lupus manarius fu molto breve.
Gùrditi Judèu ca pàsqua vinna.
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